Dei numerosi utensili da cucina probabilmente il cavatappi
è tra quelli a noi più familiari, che
rimanda alle radici della nostra tradizione alimentare.
Le sue origini sono controverse, e probabilmente i
suoi più diretti antenati sono dei punteruoli
per botti utilizzati nel ‘400, come testimonierebbe
anche una pala d’altare dell’epoca nella
quale una suora è ritratta nell’atto
di spillare vino da una botte. La sua gran diffusione
è successiva, avvenuta in Inghilterra alla
fine del diciottesimo secolo.
Da allora il cavatappi è divenuto oggetto di
collezione, protagonista di un mercato che conta molti
estimatori.
Parlando di cavaturaccioli viene in mente il “verme”,
ossia la spirale, lunga circa sei-sette centimetri,
dalla forma piatta nella parte superiore ed arrotondata
in quell’inferiore, ma quante varianti si sono
intervallate nel tempo!
Elencare le tipologie di cavatappi esistenti sarebbe
impresa ardua, tanto l’ingegno umano si è
concentrato in splendide realizzazioni costituendo
una vera e propria scienza dell’apertura delle
bottiglie. Ingegno spesso tutelato, se si pensa alla
gran mole di brevetti nati intorno a questo piccolo
utensile (il primo brevetto ufficiale risale al 1795,
ad opera di un reverendo inglese, sebbene se ne producessero
già da molto tempo).
Armi e vino
La storia del cavatappi va di pari passo con quella
di piccoli e grandi produttori d’armi europei.
Proprio così, tanto è che c’è
chi sostiene che il cavatappi derivi direttamente
dalla verga attorcigliata e spiraliforme utilizzata
per rimuovere le palle di piombo incastrate nelle
bocche dei cannoni. La tesi ha fondamento anche nella
duplice destinazione di un’armeria inglese,
che alla fine del ‘600 realizzava cavatappi
oltre che al singolare ferro precedentemente citato.
Così altri fabbricanti d’armi, oltre
che a fabbri e piccoli artigiani (tutti accomunati
dall’impiego e dalla lavorazione del ferro)
iniziano a studiare e produrre queste "viti per
bottiglie".
I modelli più comuni
C’è una grandissima ricchezza di varietà,
ma ci sono tuttavia dei modelli comuni ed assai noti,
come il cavatappi semplice, costituito unicamente
dalla classica spirale e dal manico.
Una storia parallela a quella delle forme e delle
soluzioni tecniche è quella dei materiali:
originariamente, come accennato, il “verme”
era in ferro, a cui si è avvicendato l’acciaio,
così come nel tempo si diffusero, accanto ai
sempre presenti modelli di legno, manici ed impugnature
in metalli spesso pregiati.
Molto diffuso il cavatappi meccanico, detto anche
a “campana” per la caratteristica forma,
che ha conosciuto diverse varianti (ad esempio a “manovella”
o, comunque, in molti casi, accompagnato da un dispositivo
rotatorio). Diverso il sistema del cavatappi a leve
laterali, la cui storia è più recente
ed anch’essa ricca di varianti.
Infine il cavatappi tascabile, caratterizzato dalla
spirale richiudibile nel manico che, oltre a fungere
anche da leva, spesso incorpora anche una piccola
lama per la rimozione della capsula.
fonte: www.kitchens.it
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